“la fuga narrativa”: l’economia della mente non deve andare al risparmio

Prima di parlare di La fuga narrativa di Tom Stafford (edizioni 40k) vorrei che guardaste i primi 6 minuti di questa lezione tenuta ad Harvard:

E’ sicuramente una lezione interessante, di quelle che, come si dice, “fa pensare”, e così ritenevo anch’io fino a ieri sera, quando cioè ho letto il piccolo saggio di Stafford.

Spaziando tra esperimenti in cui si mettono alla prova scelte morali e le dinamiche pseudo-moraliste dei film holliwoodiani, Stafford sottolinea come siamo posti spesso di fronte a mondi che sostanzialmente solo in apparenza sono multidimensionali, mentre in realtà ci fanno muovere all’interno di caselle predefinite.

Due sono i passi del libro che ritengo particolarmente significativi:

Una delle scelte più importanti riguarda il modo di descrivere il mondo, la storia di cui lo rivestiamo. Se deleghiamo ad altri questo compito, le scelte che faremo saranno le loro.

L’economia della mente non prevede la possibilità di mettere tutto in discussione, ci predispone a credere a ciò che ci offrono.

Quest’ultimo è in pratica il meccanismo mentale secondo il quale durante i nostri sogni, spesso assurdi e totalmente surreali, non ci chiediamo mai il perché delle cose che vediamo, ma accettiamo le immagini oniriche così come vengono. Il problema è che questo non di rado avviene anche nella realtà. Solo un salto di prospettiva – la “fuga narrativa”, appunto – permette alla mente di parlare a se stessa e di non subire passivamente il mondo o la sua rappresentazione (e interpretazione). Possiamo così cominciare a “raccontare la storia delle nostre esperienze, a scegliere tra le storie possibili (…) e a raccontarci la nostra”.

Una lezione quanto mai attuale, in un mondo di imbonitori ed “esperti della comunicazione”, il cui compito è in pratica quello di imporci la loro narrazione e convincerci che sia l’unica possibile.

P.S.: Lo stesso Stafford inserisce nella sua bibliografia un libro di Dan Ariely di cui ho parlato più volte in precedenza, tradotto in italiano come “Prevedibilmente irrazionale” (ed. Rizzoli). Da leggere, sicuramente.

gli emotivi e i razionali. orazion picciola su paola caruso.

A volte è utile confrontarsi con chi la pensa diversamente da te. Dico a volte perché quando l’altro si esprime per malafede, pregiudizi ed è volutamente indisposto ad ascoltare, allora  il dialogo è sconfortante. Anzi, non c’è proprio dialogo. Però quando si ha a che fare con un bel contraddittorio si ha sempre da imparare qualcosa sul punto di vista dell’altro. Perché, appunto, è una prospettiva diversa da cui vedere le cose.

Sul caso di Paola Caruso ho sentito (o meglio, letto) diverse posizioni e, a parte quelle dettate da malafede ed aperta ostilità aprioristica, credo sia possibile distinguere nella diatriba due gruppi ben distinti : gli emotivi da una parte, i razionali dall’altra.

Chi ha espresso infatti immediata solidarietà a Paola è stato accusato di aver agito per impulso, di pancia, come si dice, senza analizzare bene le ragioni e le conseguenze del gesto di Paola, la quale a sua volta è vista come la campionessa dell’emotività, con il suo gesto che di razionale (e molti dicono: di ragionevole) sembra non abbia niente.

Io, lo dico per chi non l’avesse capito, sono un emotivo, ma non è un vanto. Non è un vanto finché ho privilegiato l’emotività senza gestirla poi con la ragione. Però, quel poco che sono riuscito a ottenere nella vita (e dico poco ma è tutto: la mia famiglia, una casa, un lavoro) l’ho ottenuto partendo proprio da colpi di testa che tutti avevano giudicato irrazionali, folli. “Atti sconsiderati” dettati dalla mia notoria emotività. Ed era infatti così. Poi, però, a differenza di quando ero più giovane, ho saputo inserire una dose di razionalità sufficiente per gestire quei salti nel vuoto e renderli fruttuosi.

Non vorrei farla lunga e tediare, ma in sostanza il discorso penso possa essere riassunto così: per convincere una persona razionale devi tracciare il percorso minuziosamente, mapparlo e prevedere  ogni mossa, ogni eventualità. Ma si sa che serve a ben poco, perché l’imprevedibile è sempre in agguato. L’0rizzonte del razionale è limitato proprio dalla sua razionalità, che non gli permette di vedere altre soluzioni se non quelle che sono visibili (ma le soluzioni si creano, anche). Da parte loro, gli emotivi è facile convincerli, più difficile vederli però perseverare, perché subito trovano altre cause, altri impulsi che li trascinano altrove.
Ma razionalità ed emotività non sono necessariamente in collisione, come molti tendono a pensare (e asserire). Devono convivere, secondo me,  all’interno del nostro agire, perché spesso senza l’impulso istintivo non si riesce a intraprendere qualcosa di importante, ma senza razionalità non riusciamo a gestirlo e portarlo a termine. Insomma, parafrasando l’Ecclesiaste, “c’è un tempo per l’istinto e uno per la ragione. ”

Personalmente ritengo che per Paola sia giunto il momento di iniziare a gestire con lucidità quanto ha ottenuto finora. Che non è ancora tutto ciò che voleva, ma non è nemmeno poco. E se l’ha ottenuto è stato proprio soprattutto grazie alla sua parte emotiva, instintiva, che  le ha dato quell’incoscienza che molti chiamano coraggio, molti altri pazzia (se non peggio). Che si tratti veramente dell’uno o dell’altra, Paola lo deve dimostrare ora. Ragionando bene sui passi da fare e come farli.

E a stomaco pieno, si sa, si ragiona sempre meglio.

mettete i fiori nei vostri bagni

Un caro amico venuto a trovami qui nell’assolata Grecia, mi diceva che dove lavora lui ogni tanto vengono messi dei fiori, di cui non si sa che fare, all’interno dei bagni. In quei giorni, ha rivelato il responsabile della pulizia, i bagni sono molto più puliti. In pratica, la presenza di fiori all’interno di un ambiente che di solito non viene accostato all’odor di primule e viole, fa sì che le persone che utilizzano la toilette tenga molto più in considerazione la pulizia della stessa. Insomma, più rispetto in un posto in cui ci sono i fiori, quasi fosse diventato d’improvviso la sala d’aspetto di un notaio e i suoi ficus benjamin.
La cosa porta sicuramente a meditarci sopra un po’. Per quanto evoluta sia, la mente umana a livello basilare non si discosta molto da quella del cane di Pavlov o di una cavia da laboratorio. Reagiamo a seconda delle condizioni in cui ci troviamo o che ci vengono poste.
La discussione era nata dal fatto che qui ad Atene il metrò è molto moderno e funzionale e gli ateniesi ne vanno molto fieri. Per questo non lo sporcano, è anzi vietato portare cibarie o bevande che cadendo possono insozzare carrozze e piattaforme e, al contrario di molti divieti che in terra ellenica passano inosservati, questo viene sostanzialmente rispettato.
Domanda: sarebbe possibile spostare questo atteggiamento su un piano più generale? Sarebbe possibile mettere metaforicamente fiori nei nostri bagni per cambiare l’atteggiamento delle persone, che poi è in fondo la cosa più importante, più dei massimi sistemi, più di ogni considerazione politica e sociale, perché è da lì che parte tutto?