la stampa più in crisi del Giappone

Chi mi conosce lo sa, leggo poco le testate della stampa italiana, tantomeno guardo i telegiornali italici, ormai parossistici serial di cronaca nera locale.
Con il diffondersi dei blog, si dice, l’informazione tradizionale va in crisi. E giustamente, dico io, se per informazione ufficiale intendiamo quello che ci propinano le testate nazionali sulla situazione in Giappone, per esempio.
I toni sempre sopra le righe del Corriere & Co. non fanno mai presagire niente di affidabile, e infatti poi basta una rapida occhiata a testate come il Guardian per vedere la differenza.
Ma non facciamo gli esterofili, avete ragione. Parliamo di stampa tradizionale e blog.
Ho la fortuna di avere un amico che vive in Giappone e da quel maledetto 11 marzo tendo sempre a sbirciare il suo blog prima anche che il sito della BBC. Poi quasi en passant leggo appena i titoli del Corsera e noto una notevole differenza, di tono e di sostanza, tra quanto dicono gli scribacchini prezzolati e la testimonianza di chi invece scrive per raccontare quello che veramente accade, con la sincerità di chi non ci guadagna niente, se non condividere la sua esperienza.
Ne volevo scrivere qualcosa a mia volta, ma ci ha pensato ottimamente lui stesso in questo post che vi invito a leggere per intero.
Ogni altro commento è superfluo.

Le affinità connettive ovvero: la strategia del cyborg

Nel suo breve saggio La strategia del cyborg (40k edizioni) Thierry Crouzet prende come spunto uno scritto di Donna Haraway e l’immaginario cyberpunk degli anni ’90, ma a me, completamente digiuno di tali riferimenti, viene piuttosto in mente il nostro Paolo Volponi che in tempi non sospetti già parlava di ibridazione uomo-macchina, preconizzando ciò che poi sarebbe stato in qualche qualche modo codificato e definito da un punto di vista più digitale che meccanico. Ora Crouzet porta questi due tipi di visioni a quello che è il loro sbocco naturale ai nostri tempi: l’interconnessione come caratteristica principale di questa che non è più ibridazione  o simbiosi, ma estensione, accrescimento delle facoltà umane che trovano la loro ideale funzionalità solo se si esprimono in una realtà in cui sia possibile la costante interrelazione tra umani e umani, tra umani e macchine e tra macchine e macchine senza soluzione di continuità, perché altrimenti verrebbe meno il concetto stesso di cyborg: “un umano interconnesso con altri essere umani, senza limiti geografici né di categoria, grazie a strumenti di comunicazione.”
Disumanizzazione dell’essere umano? Al contrario, dice Crouzet, in quanto il cyborg “acquista così una consapevolezza allargata dell’umanità, cosa che lo spinge all’azione per empatia.”

Libro senz’altro interessante, questo di Crouzet, che va letto se possibile parallelamente (o subito prima o subito dopo, come volete) a quello di De Kerchove, La mente accresciuta, il quale in qualche modo completa, integra, “accresce” il coLa Mente Accresciutancetto di cyborg  di Crouzet parlando di una mente che “non è affatto una mente collettiva, è solo connettiva. Vuol dire che la mente singolare si amplia ma non viene sommersa (…) in un’entità monolitica.”

Altra caratteristica interessante del breve saggio di Crouzet è che esso sia stato prima scritto e poi condiviso con dei lettori (sei, per la precisione) che con le loro critiche e osservazioni hanno portato Crouzet a modificare il testo; esse sono  riportate fedelmente come ramificazioni dello stesso, in una sorta quindi di lettura e scrittura polifonica (e ancora torna in mente De Kerchove e il suo “crettore”, cioè il lettore che è parte attiva e non più passiva di quanto sta leggendo)  e comunque di opera “aperta”  coerente con quanto esposto nel saggio da Creuzet, il quale infatti nel suo blog invita i visitatori a utilizzare quello spazio digitale come un vero e proprio atelier in cui ognuno possa apportare il proprio contributo per uno dei suoi futuri libri.

Ho letto questo ebook grazie a The Reviews Engine, la piattaforma dove è possibile a chiunque accedere e recensire libri digitali forniti dagli editori in collaborazione con BookRepublic.it.

nel tempo libero, cerchiamo il mouse

E’ interessante leggere Surplus cognitivo di Clay Shirky, e risulta ulteriormente stimolante farlo dopo aver letto la recensione di un suo acerrimo critico, Evgeny Morozov, trovata leggendo a mia volta un’altra recensione sul libro di Shirky, quella di Pandemia (credo si chiami serendipity del web, questa prassi di passare da un link all’altro). 

Morozov distingue due categorie di entusiasti di Internet, gli utopisti e i populisti, e annovera tra i secondi Shirky, riconoscendogli  con cio’ almeno il merito di muoversi con metodo e perseguire un progetto. Ma anche questo diventa un limite, secondo Morozov in quanto Shirky, come prima di lui Marshall Mc Luhan e tutti coloro che sono  system-builder “usano i dati come mattoni per erigere la loro teoria; se un elemento non si adatta al loro edificio teorico, lo scartano senza troppe remore.”
Inoltre, sempre a detta di Morozov, Shirky non considera alcuni indubbi meriti della televisione, bollandola come una perdita di tempo tout court e, soprattutto, decontestualizza i media, nuovi e vecchi, dal panorama sociale e politico dei tempi.

Ho riflettuto su questi punti e penso che da una parte Morozov ha le sue ragioni,  ma dall’altra se Shirky avesse dovuto tener conto di tutto questo, il suo libro avrebbe dovuto essere un saggio di diversi tomi, ognuno riguardante un aspetto di ogni problematica affrontata.

Secondo me, chiedendo troppo a Shirky si rischia proprio di sovrastimare il suo lavoro, che invece consiste in un gradevole libello in cui sono ben evidenti alcuni punti saldi non opinabili, in quanto dati di fatto incontrovertibili:

– La modalita’ di produzione mediatica non e’ piu’ quella “gutenberghiana” produttore vs. consumatore: gli spettatori ora possono intervenire e a loro volta creare e trasmettere materiale, diventando quindi “spettautori” (prendo in prestito il termine da un libro di Michele Mezza) connessi tra loro.

– Si tratta di un cambio di prospettiva completamente nuovo e sicuramente spiazzante soprattutto per coloro che in precedenza detenevano il monopolio della produzione  mediatica), ma  in molti campi  – primo tra tutti il giornalismo -la trasformazione risulta tanto evidente quanto inarrestabile.

– Che tutto questo sia positivo o negativo Shirky non lo dice esplicitamente, anzi spesso ripete che ci troviamo di fronte a una grande incognita e non ne nasconde i rischi e i pericoli. E se effettivamente trapela il suo ottimismo o il suo entusiasmo verso la Rete e in generale i social media, preferisce tuttavia presentare il nuovo quadro piuttosto come un’opportunita’ e una sfida che siamo chiamati a raccogliere e a sfruttare nel migliore dei modi, in quanto “in una cultura hai quel che celebri”.

Da parte sua Shirky  celebra la “filosofia del mouse”: come il figlio di un suo amico cercava dietro lo schermo televisivo il mouse per intervenire in quella che evidentemente trovava una fruizione troppo passiva del mezzo, allo stesso modo dovremmo intraprendere un nuovo rapporto con la comunicazione, cercando soprattutto nella condivisione con gli altri la chiave per declinare in maniera efficace e costruttiva il nuovo paradigma, tecnologico e allo tesso tempo sociale.

Ho letto Surplus cognitivo (Codice edizioni) grazie ad una copia omaggio ricevuta in formato elettronico dall’editore stesso tramitela piattaforma The Reviews Engine in cui possono partecipare tutti come potenziali recensori di ebook.